Antiaggressione Catania: scopriamo la difesa a braccia conserte del Kalah

C’è tutta una psicologia sul tenere le braccia conserte. Chi studia il linguaggio del corpo ha scoperto che tenere le braccia conserte nasconde più di un significato. Da bambini ce lo ripetevano spesso, a casa o a scuola, e di solito stava a significare una sorta di punizione o un indizio di indisciplinatezza nel nostro comportamento. Ancora si sapeva poco o nulla del linguaggio del corpo ma oggi i testi pubblicati, le conferenze o tavole rotonde di studiosi e conoscitori della psiche umana hanno tracciato una scienza che ci dice chi siamo sulla base di come ci muoviamo. Indubbiamente affascinante. Chi di voi non vorrebbe sapere cosa passa per la testa di uno che si scaccola ogni volta che è fermo al semaforo o ad un incrocio? Tralasciando le curiosità personali, veniamo alla nostra disciplina di pertinenza: l’antiaggressione.

Tutti sanno che in uno scontro, di qualsiasi natura esso sia, è sempre utile tenere la guardia alta, anche in senso metaforico. Di modalità ce ne sono tante e ognuno, specie i grandi campioni, ne preferiscono una piuttosto che un ‘altra. Ma quello è sport, agonismo e in strada non ci sogneremo mai di atteggiarci o metterci in guardia come fa Connor Mc Gregor nell’MMA. Non perchè quella  guardia non sia valida, ma sempre perchè in strada i tempi e i modi di uno scontro vivono di altre dinamiche. Insomma, non abbiamo tempo di studiare il nostro avversario. Non sappiamo se il tipo grande e grosso ci aggredirà con pugni alla Mike Tyson o graffiando e tirando i capelli come Antonella Elia. Se lo stile sarà diverso, la nostra guardia sarà sempre uguale: a braccia conserte. L’utilità di questa guardia è semplice e immediata: creiamo un muro tra la nostra testa, il nostro computer, e i pugni, i graffi, gli schiaffi o le testate del nostro aggressore. Con le braccia chiuse a copertura del volto, proprio come uno schema a testuggine da fanteria romana, romperemo la frenesia dei pugni e, chiusa la distanza, potremo agire, agganciare il braccio del nostro avversario e cimentarci in quel sacro concetto del Kalah System che si chiama controllo.